Tutti in ufficio, ma l'ufficio deve cambiare

Ceo di Goldman Sachs David Solomon lo ha affermato chiaramente: dopo aver definito nel 2021 lo smart working una modalità di lavoro “aberrante”, che la banca avrebbe corretto il più presto possibile
12/10/2022

II Ceo di Goldman Sachs David Solomon lo ha affermato chiaramente: dopo aver definito nel 2021 lo smart working una modalità di lavoro “aberrante”, che la banca avrebbe corretto il più presto possibile, ora ha agito coerentemente alla sua affermazione, richiamando in ufficio 5 giorni alla settimana tutti i suoi dipendenti. Una posizione decisamente controcorrente, che non è stata seguita neppure dalle altre principali banche d’affari, che invece hanno recentemente annunciato di aver intenzione di proseguire a tempo indefinito con il lavoro ibrido.Era d’altra parte impensabile che un cambiamento così radicale non aprisse un dibattito: secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, prima della pandemia soltanto il 7,9% degli occupati poteva lavorare anche fuori dall’ufficio, la maggioranza donne, mentre durante la crisi Covid in Italia ben l’83,3% delle imprese ha dichiarato di aver fatto ricorso a questa modalità.

 

Re-designing the workplace

 

Ora che l’emergenza è alle spalle, la posizione dura di Solomon è sicuramente minoritaria. Tuttavia, anche se molte aziende non hanno intenzione di tornare indietro rispetto al lavoro ibrido, è comunque in atto un ripensamento rispetto agli spazi di lavoro. Lo spiega Roberto Pancaldi, Managing Director di Mylia (The Adecco Group), che sul tema del ripensare gli spazi di lavoro ha appena realizzato un White Paper: “Ci sono alcune esigenze sociali e organizzative che non possono essere soddisfatte con il solo lavoro da remoto. La prospettiva più funzionale è quindi una contaminazione virtuosa tra le due dimensioni: da un lato, simulando la fisicità nella modalità remota, evitando così un’eccessiva atomizzazione dell’organizzazione e della persona; dall’altro, valorizzando la digitalizzazione nella modalità in presenza, per salvaguardare le esigenze relazionali”. L'aspetto interessante è che la costruzione di questi nuovi ambienti di lavoro può avvenire con un processo data drive, che consente di raccogliere informazioni sull’esperienza dei lavoratori, da utilizzare per disegnare i nuovi spazi di lavoro.

 

L'esperienza di Astra Zeneca

 

Mylia è stata partner di Astra Zeneca proprio in questo processo di raccolta dati, che è stato la base della progettazione della nuova sede del colosso farmaceutico, nell’area ex Expo a Milano. I vecchi uffici sono stati analizzati partendo da questi requisiti: la posizione urbana e la sua vicinanza ai mezzi pubblici, l’esposizione alla luce naturale, le tipologie di spazi interni, la quantità di metri quadrati per numero di dipendenti, la proporzione tra spazi e il tipo di circolazione interna tra aree di scopo. Una survey ha poi coinvolto i dipendenti per conoscere la loro valutazione degli spazi, facendo per esempio emergere criticità legate alla mancanza di interazione sociale e di luoghi di lavoro consoni. Per progettare il nuovo building è stata utilizzata una tecnica che permette di studiare le reti comunicative di un’organizzazione. Ne è scaturito un edificio con un orientamento e una forma che sfrutta meglio la luce solare e in cui sono aumentate le tipologie di spazi a disposizione: agli open space sono state affiancate scrivanie individuali condivise, sale riunioni, “bolle di silenzio” per le attività che richiedono concentrazione, aree relax e spazi di condivisione. Un esempio che sarà sicuramente seguito da altre organizzazioni e che vedrà, nei prossimi anni, un cambiamento radicalmente gli spazi di lavoro.

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