Veneto e nord-est: un mercato del lavoro più dinamico chiede alle aziende di investire in retention

Con un tasso di occupazione al 65,7% nel 2021 (a fronte del 58,2% nazionale) e quello di disoccupazione quasi a livelli americani (5,8% in regione, con il record positivo del 3,8% a Vicenza), il Veneto in particolare e il nord-est in generale sono usciti dalla pandemia con un mercato del lavoro radicalmente cambiato, ma ancora più dinamico e attrattivo. Delle tendenze in atto e delle previsioni per il futuro abbiamo parlato con Damiano Saggioro, Executive Director di LHH Recruitment Solutions.
13/12/2022

Con un tasso di occupazione al 65,7% nel 2021 (a fronte del 58,2% nazionale) e quello di disoccupazione quasi a livelli americani (5,8% in regione, con il record positivo del 3,8% a Vicenza), il Veneto in particolare e il nord-est in generale sono usciti dalla pandemia con un mercato del lavoro radicalmente cambiato, ma ancora più dinamico e attrattivo. Delle tendenze in atto e delle previsioni per il futuro abbiamo parlato con Damiano Saggioro, Executive Director di LHH Recruitment Solutions.

 


Qual è la situazione del mercato del lavoro nel nord-est a due anni dalla pandemia?

Dopo il Covid abbiamo avuto due anni di grande fermento, con le aziende che hanno assunto molto e a tutti i livelli; Sales and Marketing, IT e Life & Science sono le tre macro-aree più dinamiche. A livello di IT, ci sono professionalità nuove che si stanno affermando e che sono molto richieste, per esempio quelle legate alla digitalizzazione, ma una crescita molto forte si è vista anche nel settore della logistica e dei trasporti. Rimangono i problemi usuali per un territorio votato prevalentemente alla produzione: la richiesta di ingegneri è sempre molto alta ed è complesso trovare figure tecniche come i manutentori, nonostante le offerte economiche ormai siano decisamente interessanti. Ma, al di là dei profili introvabili, il punto è che il Covid ha provocato un cambiamento epocale.


In che senso?

Fino a tre anni fa molta importanza veniva data alla retribuzione, mentre ora l’attenzione dei candidati si è spostata su aspetti organizzativi: chiedono dello smartworking, della cultura aziendale, della flessibilità, di tutto quello che permette di costruire un buon work life balance. Offrire o meno la possibilità di lavorare da remoto o un orario flessibile è qualcosa che fa la differenza rispetto al livello di attrattività dell’azienda. Le persone hanno cambiato i loro valori di riferimento, si sono messe in discussione, sono meno legate all’idea del "posto fisso" e più disponibili al cambiamento. Questo ha fatto aumentare il dinamismo del mercato: ci sono state più dimissioni perché i lavoratori hanno avuto maggiori opportunità di cambiare e spesso l’hanno fatto. Non dimentichiamo che lo smartworking ha un importante effetto indotto: la possibilità di lavorare da casa allarga il raggio geografico delle offerte che un candidato è disponibile a valutare e, di conseguenza, il bacino di reclutamento per le aziende. Se prima si cercava l'impiego a un’ora da casa, ora si è disponibili ad allargare l’area di ricerca, a patto che non si debba andare in ufficio tutti i giorni.

Come reagiscono le aziende a queste nuove tendenze?
Stiamo assistendo a un profondo cambiamento culturale: anche se non tutte le aziende prevedono lo smartworking e alcune ancora non lo giudicano positivamente, è aumentata la consapevolezza della necessità di trattenere i migliori talenti. Stiamo assistendo a un fenomeno inedito: prima se un dipendente presentava una lettera di dimissioni lo si lasciava andare con più facilità, mentre ora sempre più spesso le aziende rilanciano con una nuova offerta economica o un piano di carriera. E, a riprova del fatto che è aumentata la consapevolezza sull’importanza di trattenere e coinvolgere le persone, riceviamo sempre più richieste per effettuare rilevazioni sul clima aziendale, percorsi di assessment o consulenze su possibili piani per migliorare l’organizzazione e, di conseguenza, la retention. 

Sono cambiati anche i modelli di ricerca e selezione?
Le nuove possibilità offerte dalla tecnologia e la richiesta di maggiore velocità ha spostato online la prima fase del processo di selezione. Un indubbio vantaggio dal punto di vista economico e del risparmio di tempo, con qualche controindicazione per quanto riguarda la conclusione positiva della selezione stessa. Il colloquio online crea meno engagement, richiede meno impegno di tempo e di risorse e, di conseguenza, fa sì che anche le persone meno motivate scelgano di partecipare, il che fa aumentare il numero di possibili dinieghi da parte dei candidati. Per questo cerchiamo di limitare il video colloquio solo al primo contatto esplorativo, ma continuiamo a introdurre nel percorso di selezione anche il colloquio di persona: è ancora uno strumento indispensabile per fare la scelta giusta, sia da parte dell’azienda che del candidato.

 

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